Prefazione di Walter Baldacconi nella Pubblicazione della Mostra "La storia continua"

C'è qualcosa di delicatamente politico nell'opera complessiva di Gianfranco Gat­to. Un elemento costante ma che viene espresso con segno lieve, quasi impalpabile.

Dietro quella fitta rete di emozioni, impressioni, colori, movimenti c'è l'agitarsi inquieto del­l'Uomo di fine secolo e millennio angosciato e non poco dalla fine delle certezze ideo­logiche e dal prospettarsi dell'Ignoto, del Futuro.

Spezzate le catene, demoliti con la forza della ragione i muri, divelti i cancelli, l'Uo­mo anela ad un nuovo ordine terreno che come quello cosmico primordiale nasce dal caos, dallo scomposto eplodere dei mille nazionalismi che sconvolgono cartine geogra­fiche, governi, sistemi di alleanze sovranazionali e antichi imperi.

Nella pittura di Gatto, mai classificabile, mai omologabile, mai noiosa c'è spazio per il mondo dei miti e degli eroi del nostro tempo. Il tutto ridondante di accenni lirici e speculazioni metafisiche. Si nuota nel blù delle allegorie e negli accesi toni che colora­no la volontà dell'Uomo che costruisce la storia, la sua storia.

In certi profondi abissi prospettici, in alcune vertigini spaziali si ritrovano, nell'o­pera di Gianfranco Gatto, gli angosciosi vuoti del sogno. E proprio in quello spazio indefinibile ed evanescente sospeso tra la veglia e il sonno che nascono le intuizioni, i desideri, i presagi.

Gianfranco Gatto ha traslato con successo questo mondo impalpabile sui cromati­smi delle sue opere. C'è il tempo che fugge, c'è la speranza in una società più giusta, c'è l'Europa così attuale ma così lontana; c'è la violenza, la guerra, la contrapposizione.

Ma dietro quelle mura sbriciolate dal peso e dalla forza della storia dell'Uomo che non può migliorare la propria condizione, c'è l'urlo di speranza, l'incitamento all'im­pegno sociale e politico che proviene da un artista che non può fare a meno di stimola­re l'azione e la temperanza di chi, osservando i suoi quadri, coglie i simboli e i segni del nostro tempo.

 

Walter BALDACCONI